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Federico Batini, professore: come è nato il progetto Lettura ad Alta Voce

Intervista a Federico Batini, professore dell’Università degli Studi di Perugia e coordinatore del dottorato di ricerca in “Educazione alla lettura. Effetti e Benefici della Lettura e della Lettura ad Alta Voce”.

Federico Batini è professore all’Università degli Studi di Perugia, membro del Consiglio direttivo del Centro Interuniversitario di Ricerca Educativa della Professionalità dell’Insegnante (CRESPI), coordinatore del dottorato di ricerca in “Educazione alla lettura. Effetti e Benefici della Lettura e della Lettura ad Alta Voce” direttore di due master, di cui uno dedicato alla lettura ad alta voce e uno all’orientamento narrativo e alla prevenzione della dispersione scolastica.

Il professore è anche ideatore e principale promotore di molteplici attività dedicate alla lettura, tra cui l’Organizzazione di volontariato LaAV che raccoglie oltre 1300 volontari su scala nazionale che leggono per gli altri in ospedali, RSU, centri di accoglienza.. La sua attività di formazione e ricerca ha portato la lettura ad alta voce nelle scuole di tutto il Paese, con 30 anni di lavoro sul campo all’attivo e oltre 15 di ricerca sul metodo e i suoi effetti sulle vite dei beneficiari, dando vita al primo convegno internazionale dedicato a questo metodo.

La lettura ad alta voce – afferma durante l’intervista per il sito di azionamenti | Laboratorio di possibilità” – consente di acquisire quelle abilità strumentali e quelle conoscenze di base che gli studenti in condizioni di svantaggio non ricevono né dai contesti di provenienza né dalla scuola”.

Professor Batini, da dove nasce l’idea del progetto Lettura ad Alta Voce?

Il progetto nasce per gemmazione da un metodo – sviluppato tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila – che utilizza le storie come narrazioni-guida per favorire lo sviluppo di competenze di auto-orientamento, l’orientamento narrativo. Grazie a un orientatore o a un insegnante che ricopre il ruolo di mediatore e che legge ad alta voce romanzi, racconti e storie accuratamente selezionate, gli studenti vengono guidati attraverso una serie di attività individuali, di gruppo, di scrittura, di auto-analisi, autobiografiche e attraverso momenti di feedback reciproco, mirati a sviluppare la conoscenza di sé e competenze progettuali, relazionali e cognitive fondamentali per la loro vita quotidiana e per l’orientamento e la disposizione al futuro.

Da questo metodo di orientamento si è isolata l’attività di lettura e l’attività di scambio dopo la lettura (la socializzazione) e si è costruito il metodo della lettura ad alta voce condivisa. Nel corso degli anni il metodo è stato sperimentato e adattato a casi di utilizzo specifici, dall’intervento con i malati di Parkinson e Alzheimer fino all’utilizzo come strumento di contrasto alla dispersione scolastica, valutandone gli effetti attraverso la misurazione scientifica dell’impatto generato.

Perché avete scelto proprio la lettura ad alta voce come strumento di coinvolgimento?

Noi siamo fatti di storie. Le storie danno significato alla nostra esperienza e consentono di costruire e immaginare il nostro futuro. Sono un insieme di azioni dotate di significato in cui gli studenti possono riconoscersi o da cui possono prendere le distanze ma da cui possono, senza dubbio, imparare, acquisire strategie di azione, capacità di comprendere il punto di vista altrui e molto altro. In questo modo possiamo sviluppare una serie di abilità che per molti di loro non sono da considerarsi scontate: la lettura ad alta voce, come dimostra la ricerca svolta in quasi vent’anni di azione sul campo consente di sviluppare una serie di competenze cognitivo-comportamentali di base quali e abilità linguistiche, la comprensione (del testo ma non solo), l’intelligenza verbale, le abilità cognitive di base (attenzione, pianificazione, successione, simultaneità) con risultati che incidono sul rendimento scolastico e sulla qualità della vita presente e futura degli studenti.

Quali sono, secondo lei, gli effetti di questo metodo sulla dispersione scolastica?

La dispersione scolastica nella scuola italiana ha raggiunto dimensioni ampiamente superiori rispetto a quelle che vengono rilevate tramite i metodi di misurazione ufficiali. La dispersione non si limita, infatti, ai soli abbandoni” formalizzati”, ma comprende anche coloro che non frequentano la scuola pur risultando ancora regolarmente iscritti, coloro che sono stati bocciati e coloro che la frequentano in maniera sempre più irregolare. In questo contesto, una delle cause principali della dispersione è proprio la mancanza o la debolezza di quelle abilità cognitivo-comportamentali di base che il nostro progetto consente di sviluppare. Competenze che le famiglie più svantaggiate, dal punto di vista culturale ed economico, non sono in grado di trasmettere ai loro figli, ma nei confronti delle quali anche alcune delle famiglie di estrazione medio/alta sono in estrema difficoltà.

In che modo, nello specifico?

La lettura ad alta voce lavora su aspetti identitari, immaginativi e di costruzione del sé. Agisce per rinforzare tutte le abilità cognitive di base, l’intelligenza verbale per esprimere a parole i concetti appresi, le abilità emotive e relazionali, la capacità di riconoscere stereotipi e pregiudizi e lo sviluppo di un pensiero critico e autonomo. Sono abilità e competenze che hanno a che fare moltissimo con il rendimento scolastico, e non solo. La lettura ad alta voce può essere definita, in questo senso, una vera e propria politica di contrasto alla dispersione scolastica. Inoltre uno studente o una studentessa che, grazie all’esposizione alla lettura ad alta voce così come viene proposta in questo metodo, diventa un lettore “forte” ha – statisticamente – maggiori probabilità di ottenere una migliore retribuzione, più opportunità di lavoro, migliori condizioni di salute e minore rischio di degenerazione cognitiva in tarda età.

Quali sono, oltre al metodo descritto, ulteriori soluzioni?

Il primo e più importante è sicuramente quello della comprensione del fenomeno. Uno strumento come l’anagrafe dello studente dovrebbe consentire di avere una misurazione della dispersione scolastica e l’impatto delle iniziative messe in campo per contrastarla in tempo reale, e non a distanza di anni o addirittura decenni come avviene attualmente. In secondo luogo, penso che potrebbe rivelarsi molto utile cambiare il modo in cui i docenti valutano gli studenti, a partire dalle modalità di feedback e agli scopi sottesi alla valutazion. Infine, ritengo indispensabile coinvolgere maggiormente gli studenti nella vita scolastica, ad esempio nella definizione di una parte del proprio curriculum di studi, per farli sentire – veramente – protagonisti del loro percorso di istruzione.

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