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Incoronata Nigro, dirigente dell’Istituto Volta: “con azionamenti gli studenti possono immaginare un futuro diverso”

Intervista a Incoronata Nigro, dirigente dell’IC Alessandro Volta di Cologno Monzese, tra gli istituti che hanno aderito al progetto azionamenti | Laboratorio di possibilità di Fondazione Cariplo per prevenire il rischio di dispersione e abbandono scolastico.

Dirigente dell’Istituto Comprensivo Volta, dopo una lunga e significativa esperienza di docente, Incoronata Nigro ha una formazione di studi classicisti e nel corso della sua carriera ha avuto modo di osservare tutti i possibili volti della dispersione scolastica, da quella esplicita a quella implicita che non risparmia neppure gli studenti e le studentesse provenienti da situazioni di relativo benessere socioeconomico.

Il passaggio dalla professione di docente alla carriera di dirigente è stata conseguenza, quindi, di una profonda consapevolezza delle fragilità e dei bisogni degli adolescenti di oggi maturata nel corso degli anni, con l’obiettivo di contribuire personalmente a creare una scuola più moderna e inclusiva per tutti, anche sperimentando nuovi metodi di contrasto alla dispersione scolastica, come quello di azionamenti | Laboratorio di possibilità.

Professoressa Nigro, in che misura l’Istituto Volta è interessato al fenomeno della dispersione scolastica e quali sono, secondo lei, le cause di questo fenomeno?

Nella nostra scuola, come in molti altri istituti, le cause della dispersione possono essere molteplici e i primi segnali si manifestano fin dalla prima classe. Il filo conduttore di tutti i casi che abbiamo affrontato nel corso degli ultimi anni – e di cui abbiamo tenuto traccia – è la provenienza da contesti famigliari fragili o, in certi casi, dove uno dei due genitori è assente per la maggior parte del tempo. Sono famiglie che fanno fatica a riconoscere i bisogni dei figli, dove la solitudine del giovane fa da specchio alla solitudine e all’isolamento sociale dei suoi parenti. Per questo motivo ritengo sia molto importante lavorare in una logica “reticolare”, facendo rete tra scuole, famiglie, tribunali dei minori, servizi sociali, se non vogliamo perdere i nostri giovani.

Che cosa si potrebbe fare per migliorare questa situazione, a un livello più ampio di intervento?

Al momento la maggior parte delle risorse vengono investite nel secondo ciclo di istruzione, mentre vi è bisogno di fare prevenzione e orientamento fin dal primo ciclo. In questa età, infatti, i giovani sono inondati di stimoli cognitivi provenienti da una molteplicità di canali diversi (la vita di strada, i social media, i personaggi pubblici e i coetanei) che devono gestire spesso in una condizione di solitudine, familiare e sociale. La formazione del personale docente, la disponibilità di figure come quella dell’educatore o dello psicologo di di scuola, la disponibilità di spazi e – quando necessario – l’intervento dei servizi sociali e delle forze dell’ordine sono elementi necessari a contrastare in maniera sistematica una situazione di disagio che origina in gran parte da una solitudine totale. Il problema non è la quantità, ma la qualità delle relazioni: dove queste mancano, non è sufficiente estendere l’orario scolastico o rifornire la scuola di strumenti tecnologici.

Quali erano le aspettative della scuola in merito ad azionamenti?

Sono stata fin da subito attratta dall’idea di un progetto basato sul concetto di ‘laboratorio di possibilità’, perché gli studenti di oggi fanno molta fatica a immaginare il proprio futuro, a credere in se stessi e nelle proprie capacità. In questo senso, ho cercato di incentivare gli insegnanti a seguire da vicino gli incontri previsti dal progetto per creare dei collegamenti di senso con le materie insegnate durante le attività curricolari. Di tutti gli incontri, ho seguito con grande interesse quello dedicato al tema della violenza sulle donne, tenuto dall’associazione “donnexstrada”, perché due anni fa un’ex alunna del nostro istituto è stata vittima di un femminicidio. Durante quell’incontro ho visto gli studenti e le studentesse attenti, come raramente capita, alcuni con gli occhi lucidi, e ho capito che avevo fatto la scelta giusta. C’è un grandissimo bisogno di lavorare su questi temi, spesso sottovalutati nei curricula delle scuole italiane. Se i ragazzi si sentono ascoltati, capiti, se capiscono di poter valere e vengono messi nella condizione di scoprire il proprio talento, fioriscono.

Quali sono le sue previsioni per il futuro in merito al problema della dispersione scolastica e quali sono gli elementi che possono indurre a un cauto ottimismo?

La scuola va ripensata nelle strategie di selezione del personale, che non può essere formato solo sulle competenze disciplinari o sui contenuti e le nozioni di base. Servono delle lauree che aiutino i docenti a insegnare, a comunicare, a stabilire relazioni educative efficaci perché il vero cambiamento partirà dalla relazione con gli studenti, ancor prima che dall’uso di strumenti di intelligenza artificiale. Il primo ciclo, in questo contesto, non è più un momento del percorso scolastico dedicato solamente all’apprendimento delle nozioni di base, ma diventa determinante per prevenire il rischio della dispersione implicita ed esplicita: un undicenne, oggi, non è lo stesso undicenne di trent’anni fa, perché il suo profilo presenta tratti di maturazione precoce e al tempo stesso di ingenuità ancora infantile. Per questo motivo c’è bisogno di un personale che sia veramente formato e capace di costruire un canale di comunicazione efficace.

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