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Dispersione scolastica: i numeri, le cause, le conseguenze

Quali sono le differenze tra dispersione scolastica esplicita ed implicita, e quali sono le possibili conseguenze per il futuro dei giovani, delle comunità e della società nel suo insieme.

Hanno cominciato la scuola insieme, nella stessa classe, a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, ma i loro percorsi si sono a un certo punto divisi. Lei ha smesso di frequentare le lezioni, dapprima in maniera sporadica, poi in via definitiva. Lui dopo alcune settimane di allontanamento è tornato tra i banchi, è riuscito a ottenere il diploma ma ora non trova un lavoro, né si sente pronto per l’università. Dopo anni di allontanamento i loro percorsi e le loro traiettorie di vita sono tornati ad assomigliarsi, con somma sorpresa di ciascuno: l’esempio, volutamente di fantasia, è indicativo di migliaia e migliaia di storie di studentesse e di studenti che riempiono in maniera anonima le classifiche annuali riguardanti la dispersione scolastica implicita ed esplicita nel nostro Paese. Due categorie diverse, ma accumunate dalla medesima esperienza di frustrazione, delusione e abbandono.



Dispersione scolastica implicita ed esplicita: le differenze e i punti in comune

La conoscenza dei termini, mai come in questo caso, è d’obbligo: con dispersione scolastica esplicita si intende infatti il fenomeno per cui intere generazioni di giovani decidono di abbandonare precocemente gli studi, mentre con dispersione scolastica implicita si intendono tutte le diplomate e i diplomati che non possiedono le competenze necessarie per entrare in università o nel mondo del lavoro. A seconda degli anni e delle ricerche la percentuale dei primi sul totale si avvicina al 12% e rappresenta uno dei tassi di abbandono più alti a livello europeo, mentre quella dei dispersi “impliciti” è scesa sotto la doppia cifra ma rimane comunque su livelli allarmanti (8,7%, secondo le prove Invalsi del 2022), sufficienti a mettere seriamente in forse le prospettive di occupabilità futura di un diplomato su dieci.

Per quanto siano diverse le categorie, ad accumunare questi due fenomeni resta il minimo comune denominatore di un’esperienza scolastica deludente rispetto alle premesse iniziali. Per quanto possano avere in mano un diploma, gli studenti che rientrano nella dispersione implicita non dispongono delle competenze minime per scegliere liberamente il proprio destino, professionale o universitario. Per quanto possano avere già cominciato a lavorare in anticipo sui propri coetanei, del pari, gli studenti vittime di dispersione esplicita sono fortemente condizionati nelle proprie scelte dalla mancanza tanto di un titolo di studio quanto delle conoscenze necessarie ad adattarsi al mondo del lavoro di domani.


Le cause sociali della dispersione scolastica e la difficoltà di circoscrivere il fenomeno

Di chi è la “colpa”? Dell’individuo, della collettività? Dei giovani, o degli adulti? Se è vero che le ricerche più autorevoli insistono sulle cause sociali della dispersione – individuandone le maggiori responsabilità in un tessuto sociale impoverito, nelle differenze dei percorsi di istruzione e nelle origini straniere delle famiglie – quest’ultima presenta innumerevoli aspetti e sfaccettature, e sarebbe un errore circoscriverla al fenomeno più evidente dell’abbandono definitivo dei banchi di scuola da parte di uno specifico allievo. Tanto la dispersione esplicita quanto quella implicita possono essere malesseri carsici, che coinvolgono in maniera irregolare ora questo, ora quello studente, portando a periodi più o meno lunghi di assenza dalle lezioni quando non d’indifferenza e rifiuto rispetto alle materie di studio e alle attività in comune con professori e coetanei. Il “disperso” non si sente mai tale, almeno fino a quando il ritardo rispetto al ritmo di apprendimento e il distacco dalla routine scolastica non si rivela essere incolmabile.

In questo senso, intervenire sulla dispersione scolastica non significa unicamente – come spesso traspare dalle cronache dei media sui casi più eclatanti – recuperare da casa “uno per uno” i giovani che hanno abbandonato la scuola, per riportarli fisicamente in classe. Al contrario, significa intervenire per tempo quando ancora il fenomeno è sotto la soglia vigile dell’attenzione collettiva, facendo leva sulla voglia di rivalsa, riscatto e realizzazione di sé che è propria di ogni individuo: lo dicono i numeri, come quelli del Rapporto sulle Diseguaglianze 2023 di Fondazione Cariplo secondo il quale anche i giovani che crescono negli ambienti meno fortunati e a maggiore rischio di dispersione scolastica esprimono un livello di fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità di realizzazione personale che non va assolutamente disperso.


Le conseguenze per la comunità e il Paese e l’urgenza di intervenire prima che sia tardi

Che si chiami implicita o esplicita, che si attesti al 12% attuale, al 10,2% previsto dal PNRR entro il 2026 o al 9% richiesto dall’Unione Europea entro il 2030 , la dispersione scolastica non è, infine, un fenomeno che riguarda solo le studentesse e gli studenti “dispersi”: la mancanza di migliaia e migliaia di profili professionali qualificati per le imprese, le difficoltà che questi giovani hanno di mantenere un lavoro costante nel tempo e provvedere alla propria sussistenza e a quella delle proprie famiglie, le medesime difficoltà di apprendimento che essi possono trasmettere ai propri figli in ragione di conoscenze inferiori rispetto a quelle previste dal percorso di studi obbligatorio rendono il problema della dispersione una criticità sociale di interesse nazionale, in grado di condizionare il futuro stesso delle comunità e del Paese. Intervenire per tempo, quando si dispongono dei dati e dei mezzi per farlo, è un atto necessario, oltreché dovuto.

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