“La dispersione scolastica è un debito che la scuola contrae e che tutta la società deve onorare”: non usa mezzi termini Gabriele Ballarino, professore di Sociologia Economica presso l’Università degli Studi di Milano, nell’analizzare il fenomeno della dispersione scolastica e delle sue conseguenze sociali ed economiche in occasione dell’intervista per il sito di azionamenti | Laboratorio di possibilità, iniziativa di Fondazione Cariplo per la sensibilizzazione e prevenzione del rischio di abbandono scolastico.
Esperto di stratificazione sociale, e in particolare dei rapporti tra istruzione e sistema economico, il professor Ballarino è autore di numerosi contributi sul tema, tra cui ricordiamo “Sistema scolastico e diseguaglianza sociale” (2006, curato con Daniele Cecchi) e “Sociologia dell’Istruzione” (2021, con Nazareno Panichella). Nel 2011 ha pubblicato la prima analisi sistematica sul rapporto tra abbandoni scolastici e stratificazione sociale in Italia, nella rivista “Stato e Mercato”.
Professor Ballarino, come è cambiato nel corso del tempo il fenomeno della dispersione scolastica?
L’abbandono scolastico elevato è una caratteristica intrinseca del sistema scolastico italiano. Nel corso del tempo esso è passato dall’essere un fenomeno riguardante quasi unicamente le scuole elementari fino a diventare endemico soprattutto tra la popolazione studentesca delle scuole superiori e dell’università, in conseguenza delle maggiori possibilità di accesso ai livelli più elevati di istruzione. Sono rimaste intatte, in questo contesto, le cause che portano ancora oggi un numero significativo di individui ad abbandonare anzitempo gli studi, in misura maggiore rispetto ad altri Paesi simili al nostro.
Quali sono, secondo le sue ricerche nell’ambito, le cause principali dell’abbandono scolastico?
Il nostro sistema scolastico è fortemente condizionato dalla rigidità del percorso di studi. Un esempio di questa rigidità è la scelta di suddividere gli studenti di origine straniera tra le diverse classi in base alla loro età anagrafica, e non in base alla loro effettiva conoscenza della lingua di insegnamento, determinando in questo modo un maggiore rischio di dispersione per quanti non sono in grado di comprendere appieno il contenuto delle lezioni. La scuola italiana non è, purtroppo, una scuola costruita in base alle esigenze degli studenti, nonostante la dedizione e il lavoro appassionato di molti insegnanti.
Oltre alla rigidità del percorso di studi esistono, secondo lei, altre cause rilevanti che portano oggi l’Italia a un tasso di abbandono scolastico superiore al 10%?
Sicuramente non aiutano le basse retribuzioni e la precarietà prolungata degli insegnanti, unite alla difficoltà per molte scuole di stabilizzare il proprio personale docente prima dell’inizio delle lezioni. Una scuola non efficiente nell’organizzazione del percorso di studi e non attrattiva nei confronti degli insegnanti più qualificati danneggia gli studenti, e danneggia soprattutto coloro che provengono dai contesti sociali e familiari più svantaggiati. Un esempio? Secondo la ricerca “Parents And Teachers’ Compensatory Strategies During COVID-19 School Closures”, realizzata dal sottoscritto insieme a Elena de Gioannis e Davide Cartagini, gli studenti maggiormente penalizzati durante il lockdown sono stati quelli che non hanno potuto contare sul supporto della propria famiglia di origine nell’adattarsi – sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista motivazionale – alle nuove modalità di didattica a distanza.
Esiste un rapporto diretto di causa-effetto tra dispersione scolastica e diseguaglianze sociali?
Gli individui con un livello di istruzione più basso hanno più frequentemente (in media) comportamenti a rischio in ambito sanitario, comportamenti di tipo criminale, dissoluzioni familiari e gravidanze non desiderate, e hanno in media minori opportunità di trovare lavoro e di sviluppare una rete di relazioni soddisfacente. Ognuno di questi effetti determina inevitabilmente un aumento di spesa per la collettività, in termini di maggiori sussidi alla disoccupazione, maggiori spese sanitarie, sociali o giudiziarie: la dispersione scolastica è un debito che la scuola contrae oggi e che tutta la società deve onorare in futuro.
Quali potrebbero essere le aree di miglioramento?
Quello che manca ancora oggi è una chiara comprensione di ciò che consente a chi ha studiato di più di poter accedere a maggiori opportunità rispetto ai propri coetanei: quali informazioni apprese, quali conoscenze maturate, quali relazioni sviluppate con determinati insegnanti o compagni fanno la differenza? Perché la scuola, per dirla in breve, ci rende migliori? In realtà non lo sappiamo ancora molto bene. Anche tra coloro che partono svantaggiati, non sono pochi coloro che “ce la fanno”, con percorsi scolastici eccellenti e conseguenti ottime opportunità occupazionali. Sappiamo bene che una scuola efficiente favorisce soprattutto gli alunni svantaggiati: se la scuola funziona male, le famiglie avvantaggiate sono in grado di compensare senza grossi problemi, le famiglie svantaggiate no. Separare la dimensione dell’eguaglianza da quella dell’efficienza nel caso della scuola è del tutto sbagliato. In relazione a questo, quindi, sarebbe molto utile poter realizzare delle ricerche finalizzate a misurare il vero valore aggiunto offerto dalla scuola rispetto al contesto sociale di partenza, al di là del semplice conseguimento del “titolo” legale.